Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
MORO:ULTIMA NOTTE DOVEVA ESSERE LIBERATO, TANTE CONFERME ANSA A 32 ANNI DA V.CAETANI, ‘QUALCOSA ACCADDE,FINÌ CON RENAULT ROSSA’ (di Paolo Cucchiarelli, ANSA)
Gli americani hanno un'espressione che calza: ‘La verità è come l'olio della corazzata Missouri’. Un modo di dire che paragona la verità alle bolle di olio che ancora affiorano ogni tanto nella baia di Pearl Harbour dall'ammiraglia Usa affondata dall'attacco aereo giapponese. Qualche frammento di verità sul caso Moro affiora ancora oggi, a 32 anni dall'uccisione dello statista Dc. Tanti frammenti importanti che confermano che Moro doveva essere rilasciato vivo il 9 maggio del 1978 e che qualcosa di imprevisto, non concordato, accadde quell'ultima notte. Elemento questo confermato negli anni dall'ammiraglio Fulvio Martini, numero due del Sismi all'epoca, dal terrorista Carlos detto ‘lo sciacallo’ e dall'esponente dell'Olp Assam Abu Sharif: il 9 maggio, oltre al pagamento di un riscatto, a Milano era in atto una complessa azione per la liberazione di Moro grazie allo scambio tra esponenti della Raf prigionieri di Tito e detenuti Br in mano all'Italia. Martini andò in Jugoslavia per prendere in carico i tre e portarli a Beirut, dove un aereo dei servizi segreti italiani aspettava in un angolo appartato dello scalo. La destinazione prevista era lo Yemen, base di Carlos. Una fazione del Sismi, ha raccontato due anni fa Carlos all'ANSA, cercò di salvarlo: alcuni brigatisti dovevano essere prelevati dalle carceri e portati in un Paese arabo, probabilmente per scambiarli con i tre della Raf in mano a Tito. Oggi arrivano nuove conferme dopo che l'esponente dell'Olp Assam Abu Sharif ha detto che la trattativa venne improvvisamente interrotta dagli italiani, come sostiene anche Carlos: «Avrei potuto salvare Moro. Nessuna imprudenza. Ho chiamato un numero, ho lasciato un messaggio dopo l'altro. Nessuna risposta. Davvero strano: una linea speciale e nessuno risponde...» ha detto al Corriere della sera nel 2008. Intervistate da Alessandro Forlani per la rubrica Rai ‘Pagine in frequenza’ per uno speciale di Gr Parlamento alcuni protagonisti lanciano la loro personale ‘bolla d'olio’ su quella ultima notte. Franco Mazzola, all'epoca sottosegretario alla Difesa: «Il governo non poteva trattare, ma poi trattavano tutti: la Dc, il Papa, la Caritas. Insomma, trattavano. È chiaro che se Tito si prestava ad un'operazione come questa, lo faceva con l'accordo del governo italiano. Certo, ne erano a conoscenza pochissime persone: diciamo Cossiga e Andreotti; l'ammiraglio Martini il 9 maggio andava a chiudere l'operazione, ma quelli non hanno aspettato». Umberto Giovine, allora direttore di Critica Sociale: «L'ammiraglio Martini mi parlò un giorno di questa operazione svolta in Jugoslavia; non mi meraviglia più di tanto che non vi faccia neppure cenno nel suo libro di memorie, nè che minimizzi in commissione Stragi: probabilmente si sentiva sempre vincolato dal segreto». Per il rapimento di Aldo Moro «tutto si giocò nelle ultime 48 ore», anzi «nell'ultima notte», quella tra l'8 e il 9 maggio del 1978 dice Claudio Signorile, all'epoca vice segretario del Psi. Agnese Moro: «Ad un certo punto si parlò anche di un possibile espatrio di mio padre, in cambio della liberazione; non ricordo chi ne parlò, se politici, magistrati o qualcuno dei servizi, comunque era un'ipotesi fatta anche da papà nelle lettere». Nuccio Fava, direttore del Tg1: il segretario di Paolo VI, Macchi, mi disse che il Papa era molto dispiaciuto che Moro avesse scritto che lui aveva fatto ‘pochino’; e aggiunse che Paolo VI era pronto ad ospitare Moro in Vaticano, mettendo in piedi una commissione indipendente, che tenesse in custodia il prigioniero e definisse una trattativa tra governo italiano e Br; della commissione avrebbero fatto parte la Croce Rossa internazionale, la Mezza Luna Rossa algerina e altri soggetti neutrali. Macchi disse anche che il dolore per quanto era successo aveva accelerato la dipartita di Paolo VI«. Padre Carlo Cremona, segretario di Macchi: »Padre Macchi, se faceva qualcosa andava fino in fondo; quella mattina era contento, come se avesse raggiunto il suo scopo, come se una promessa fosse stata mantenuta; mi disse di stare attento al telefono, perchè avrebbe dovuto chiamare una persona, che avrebbe fatto da mediatore con le Br. Questa persona avrebbe dovuto dire che la trattativa era andata in porto, e che Moro, come d'accordo, avrebbe incontrato una persona amica, forse Mennini, che lo confortasse, lo facesse salire su un'auto e lo portasse in Vaticano, libero. Io rimasi al mio posto, ma arrivò solo la notizia che il cadavere di Moro era stato trovato«. Corrado Guerzoni, segretario di Moro: »Che le Br abbiano fatto tutto da sole corrisponde ad una lettura sempliciotta del sequestro Moro; secondo me, hanno gestito un appalto«. Sereno Freato, tra i più stretti collaboratori dell'allora presidente della Dc: »Liberare Moro avrebbe costituito un grande vantaggio per le Br: a mio avviso è arrivato un ordine dall'alto. Forse Moro è stato, come scrive, liberato dalle Br e consegnato a X o Y, qualche settore deviato delle istituzioni o dei servizi internazionali: le Br hanno fatto da pali. Forse Moro ha riconosciuto qualcuno; è giusto dire che quella notte del 9 maggio tante cose sono accadute, che non sappiamo«. Una ulteriore conferma viene da Marco Cazora, figlio di Benito, deputato Dc che aveva cercato di aprire una canale di trattativa con ambienti della malavita romana che sostenevano di aver scoperto la prigione di Moro. Di fronte alle sue insistenze per un intervento delle forze dell'ordine, Cazora si sentì rispondere da qualcuno »molto importante«: »Smettila di darti tanto da fare, tanto quello martedì è libero«. Era sabato. Il figlio di Cazora ricorda anche quanto riferito da Cossiga in commissione Stragi nel '97 cioè che Andreotti gli disse, la sera dell'8 maggio, di sperare in una soluzione positiva. L'indomani la Renault rossa era in via Caetani.
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