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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
 
 
Articoli del 27/04/2010

Di M. Castronuovo (pubblicato @ 14:28:54 in Buy@Me, linkato 6059 volte)
“Comunicare è alla base, ma chi è all’altezza?” Con questo slogan, alcuni anni fa, la trasmissione Il Comunicattivo di Igor Righetti poneva in maniera molto efficace la questione della “società della comunicazione”.

A partire dagli anni ’80 l’importanza della comunicazione è progressivamente aumentata e ha invaso tutti i settori e a tutti i livelli. Ma con una terrificante deformazione che, anche questa, si è esponenzialmente amplificata sino a giungere al paradosso di far coincidere la comunicazione con il fatto stesso di apparire.

Parla e sparla chiunque, si parla e si sparla di qualsiasi cosa. Io sfido molti a riepilogare i concetti espressi in una qualsiasi trasmissione televisiva, che tratti qualsiasi argomento: non si riesce più ad ascoltare, ma solo a sentire suoni. La tecnica non è quella di comunicare ma più semplicemente scomunicare, nel senso di parlare sull’altro, contro l’altro in una sorta di braccio di ferro dell’ugola o per dimostrare chi ce l’ha più grosso (il tono della voce).

Qualche anno fa mi fece molto sorridere un tentativo di moderazione attuato dal “grande” Biscardi che, in un certo senso, ha inventato un nuovo modo di comunicare lo sport attraverso il giornalista-tifoso. In un momento di “rissa” verbale del tipo curva nord-curva sud intervenne in maniera seccata con un perentorio: “Basta, basta. Parliamo al massimo due per volta senò non si capisce niente!”. Un mito.

Ma evidentemente Biscardi aveva capito tutto, aveva compreso che lo spettacolo andava oltre l’informazione, che al tifoso, in fin dei conti, non interessava un’analisi compita e precisa della partita (alla Brera o alla Tosatti, per intenderci) ma solo che alla fine dell’ambaradan la sua fede calcistica avesse avuto la meglio e quindi che il suo “rappresentante” sul palco avesse urlato una volta di più rispetto all’avversario “ci hanno rubato 3 punti!”.

I media (nuovi e semi-nuovi) hanno certamente arricchito il nostro patrimonio (anche se francamente hanno arricchito molto di più le tasche di rampanti imprenditori, ma questo è un altro discorso…) e ci offrono ogni giorno nuove opportunità. Purtroppo, però, i televisori non sono accompagnati da un “manuale d’uso sociale” e non esiste nemmeno una patente per chi produce i contenuti o per chi li guarda. Dobbiamo navigare a vista. E per questo è più facile che emergano e prendano piede fenomeni da baraccone che ci appiattiscono verso una visione della realtà che non è reale. Cosa c’è di meno reality di un reality? Dubito che nelle nostre case, nelle nostre scuole si possano vivere situazioni da Grande Fratello, Isola dei Famosi o Fattoria. Ma quello che conta è l’effetto: nella società quelli diventano i nuovi modelli, senza mediazioni.
La comunicazione è diventata un grande business e chiunque abbia uno straccio di telecamera o freepress lo sa benissimo. Sa benissimo del potere di cui dispone che, per quanto piccolo, riesce ad ottenere molte chiavi di accesso ed una possibilità di entrare nella testa delle persone. E lo sanno anche i potenti di turno, in questa partita doppia della complicità mediatica.

Qualcuno dirà che adesso c’è più vivacità, che prima era tutto piatto, noioso. Ma io non concordo. Semplicemente prima la comunicazione era “comunicazione”. Adesso è spettacolo e quella che abbiamo costruito negli ultimi 30 anni è la società dello spettacolo (che a sua volta si basa sull’immagine). Lasciamola stare al suo posto la comunicazione, nel camposanto.

Prendiamo la RAI del passato. Nei filmati d’epoca ci sembra di assistere ad un’altra era che fatichiamo a collocare solo qualche decennio addietro. E’ vero che i TG erano semplicemente radio-giornali ripresi da una telecamera, ma le tribune politiche erano dei dibattiti in cui ci si confrontava con educazione tra avversari politici che sapevano comunicare, eccome. Avevano le idee chiare, rispondevano alle domande, si difendevano dalle critiche e dagli attacchi extra-politici. Ma utilizzavano i contenuti per convincere il telespettatore.
E qui viene il punto. I contenuti.
Sebbene i padri fondatori della nostra Repubblica fosse degli ottimi comunicatori (non nel senso della spettacolarizzazione della propria immagine) il focus dei loro interventi erano i contenuti. Poi il telespettatore-elettore decideva, anche sulla base di una divisione ideologica allora molto più forte di oggi, ma sempre avendo la certezza di aver ascoltato e capito le ragioni degli uni e degli altri.

Tecnicamente, la comunicazione è una leva del marketing. Questo è ciò che un centinaio di anni di business moderno ci ha insegnato. Leva nel senso che è uno strumento in grado di veicolare il valore di un qualcosa e di convincere chi da questo valore ha qualcosa da guadagnarne. Ma non è “l’unico strumento” e nemmeno “lo strumento”. Prima di pensare alla comunicazione occorre pensare a quello che si intende proporre con la comunicazione. E questo chiunque lo sa.
Ma poiché l’obiettivo della società dello spettacolo è sempre stato quello di stupire con effetti speciali, essere fantascienza più che scienza, non mi stupisce che in pochi abbiano un “progetto di comunicazione” che risponde a dei valori personali, politici, imprenditoriali.

Ecco perché mi arrabbio quando si parla di “società della comunicazione”. La comunicazione ed il marketing sono una cosa seria che ci aiutano a informarci, capire, scegliere sulla base di ciò che corrisponde meglio ai nostri valori.
Questa è una società spettacolo che ci priva del nostro sistema di valori condivisi, che ci toglie la libertà di decidere nella cieca convinzione che valga più un provino al Grande Fratello che un impegno continuo e costante nel costruire, giorno dopo giorno, quel bagaglio personale che dovrebbe accompagnarci nel lungo viaggio attraverso la nostra esistenza.
 
Di R. Di Giovacchino (pubblicato @ 10:27:50 in La finestra sul cortile, linkato 3565 volte)
Pensieri Vagabondi sono anche quelli che ti frullano in testa nel giorno che vede Fini immolato sul grande altare della “non politica”. Con Berlusca furioso, Bossi minaccioso e tutti gli altri agitati da un solo timore: come non perdere la poltrona.
L'ex faxista per un improvvido destino si trova da qualche tempo a interpretare il ruolo dell'unico politico very democrat su piazza. Il più fedele ai dettami di quella costituzione che il suo (ex?) alleato di governo si ostina a considerare “vetero-comunista”. E pensare che Berlusconi, rispetto a Fini, era uomo di centro, erede di Craxi, socialista d'antan. Come può un ragazzo di oggi, per quanto informato, comprendere l'aspetto paradossale di questa vicenda?
In realtà non è chiaro a nessuno dove andrà a parare il Pdl, inutile e retorico il dilemma: “Mi spacco o non non mi spacco”? Si spaccherà, anzi è già spaccato.

Trovo singolare che ciò accada a ridosso dell'ultima tornata elettorale del centro destra che sì ha un po' penalizzato Berlusconi, ma che vede complessivamente rafforzata la coalizione. Che Fini voglia imitare Veltroni? Come andò a finire s'è vist. Ma forse stavolta è diverso, chissà. Ah, non ignoriamo la tesi secondo cui alcuni poteri- misteriosamente definiti forti- abbiano in qualche segreta stanza deciso di liquidare il Cavaliere- un po' troppo filo-arabo, un po' troppo filo Putin, un po' filo cazzi suoi- e la scelta sarebbe caduta su Fini, l'uomo nuovo della Destra Moderna (come egli stesso si è autodefinito mentre a nessuno sfugge che egli sia il più vecchio dei leader attuali, uno dei pochi che conosca le regole della politica) . Come andrà a finire nessuno può dirlo, ma è evidente che chiunque intendesse cercare un'alternativa all'attuale sistema di potere- non potendo trovare a sinistra l'uomo nuovo che non c'è- non poteva che impattare nel tenebroso leader di Alleanza nazionale, l'unico in grado di appellarsi a quelle tetre maggioranze desiderose di ordine che la destra è ancora in grado di mettere insieme per fare da argine ai baccanali di Villa Certosa, alla folla di papponi baresi, escort napoletane, farfalline romane e quanto altro. E c'è chi ha già in testa il futuro asset che vedrebbe fiorire attorno a Fini, Rutelli, Casini, Montezemolo la nuova maggioranza.

Se sono rose....non riesco purtroppo a entusiasmarmi per nessun tipo di destra né antica, né moderna, né morigerata né altro. Sono figlia dei tempi miei, non so che farci. Ho capito una cosa però: se è vero che la politica è una scienza esatta, la somma tra le forze in campo non è mai aritmetica. Senza un progetto politico, senza un leader trainante non può esserci maggioranza. Tutti finora sembrano avere avuto un unico problema: sputtanare B. invece che sconfiggerlo politicamente . Se lo scandalo fosse stata un'arma vincente Berlusconi avrebbe dovuto essere sconfitto alle ultime elezioni, invece non è andata così (anche se ha perso un bel po' di voti). La scesa in campo di Fini serve proprio a questo: imporre a Berlusconi il confronto su un terreno che non è il suo forte: la politica.Niente sarà più come prima anche se la costruzione di un'alternativa politica non appare semplice né agevole.

Non dovete stupirvi per questo mio esordio su un tema politico, apparentemente distante dai miei abituali interessi. Forse più legati all'iniziale ascesa di Berlusconi, ai cupi anni delle stragi, al mistero della sua fortuna economica, ai rapporti con i vari Mangano e Dell'Utri, alla nascita dei club di Forza Italia che hanno evocato il piano di Rinascita Nazionale. Non mancherà occasione per approfondire tutti questi argomenti, ma la prima volta mi è sembrato doveroso partire dalla fine. O da quello che sembra essere l'inizio della fine, la scesa in campo di Fini. Per capire davvero “c'èst Fini” oppure no.
 

Fotografie del 27/04/2010

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