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\\ Home Page : Storico : La finestra sul cortile (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Pensieri Vagabondi sono anche quelli che ti frullano in testa nel giorno che vede Fini immolato sul grande altare della “non politica”. Con Berlusca furioso, Bossi minaccioso e tutti gli altri agitati da un solo timore: come non perdere la poltrona.
L'ex faxista per un improvvido destino si trova da qualche tempo a interpretare il ruolo dell'unico politico very democrat su piazza. Il più fedele ai dettami di quella costituzione che il suo (ex?) alleato di governo si ostina a considerare “vetero-comunista”. E pensare che Berlusconi, rispetto a Fini, era uomo di centro, erede di Craxi, socialista d'antan. Come può un ragazzo di oggi, per quanto informato, comprendere l'aspetto paradossale di questa vicenda?
In realtà non è chiaro a nessuno dove andrà a parare il Pdl, inutile e retorico il dilemma: “Mi spacco o non non mi spacco”? Si spaccherà, anzi è già spaccato.

Trovo singolare che ciò accada a ridosso dell'ultima tornata elettorale del centro destra che sì ha un po' penalizzato Berlusconi, ma che vede complessivamente rafforzata la coalizione. Che Fini voglia imitare Veltroni? Come andò a finire s'è vist. Ma forse stavolta è diverso, chissà. Ah, non ignoriamo la tesi secondo cui alcuni poteri- misteriosamente definiti forti- abbiano in qualche segreta stanza deciso di liquidare il Cavaliere- un po' troppo filo-arabo, un po' troppo filo Putin, un po' filo cazzi suoi- e la scelta sarebbe caduta su Fini, l'uomo nuovo della Destra Moderna (come egli stesso si è autodefinito mentre a nessuno sfugge che egli sia il più vecchio dei leader attuali, uno dei pochi che conosca le regole della politica) . Come andrà a finire nessuno può dirlo, ma è evidente che chiunque intendesse cercare un'alternativa all'attuale sistema di potere- non potendo trovare a sinistra l'uomo nuovo che non c'è- non poteva che impattare nel tenebroso leader di Alleanza nazionale, l'unico in grado di appellarsi a quelle tetre maggioranze desiderose di ordine che la destra è ancora in grado di mettere insieme per fare da argine ai baccanali di Villa Certosa, alla folla di papponi baresi, escort napoletane, farfalline romane e quanto altro. E c'è chi ha già in testa il futuro asset che vedrebbe fiorire attorno a Fini, Rutelli, Casini, Montezemolo la nuova maggioranza.

Se sono rose....non riesco purtroppo a entusiasmarmi per nessun tipo di destra né antica, né moderna, né morigerata né altro. Sono figlia dei tempi miei, non so che farci. Ho capito una cosa però: se è vero che la politica è una scienza esatta, la somma tra le forze in campo non è mai aritmetica. Senza un progetto politico, senza un leader trainante non può esserci maggioranza. Tutti finora sembrano avere avuto un unico problema: sputtanare B. invece che sconfiggerlo politicamente . Se lo scandalo fosse stata un'arma vincente Berlusconi avrebbe dovuto essere sconfitto alle ultime elezioni, invece non è andata così (anche se ha perso un bel po' di voti). La scesa in campo di Fini serve proprio a questo: imporre a Berlusconi il confronto su un terreno che non è il suo forte: la politica.Niente sarà più come prima anche se la costruzione di un'alternativa politica non appare semplice né agevole.

Non dovete stupirvi per questo mio esordio su un tema politico, apparentemente distante dai miei abituali interessi. Forse più legati all'iniziale ascesa di Berlusconi, ai cupi anni delle stragi, al mistero della sua fortuna economica, ai rapporti con i vari Mangano e Dell'Utri, alla nascita dei club di Forza Italia che hanno evocato il piano di Rinascita Nazionale. Non mancherà occasione per approfondire tutti questi argomenti, ma la prima volta mi è sembrato doveroso partire dalla fine. O da quello che sembra essere l'inizio della fine, la scesa in campo di Fini. Per capire davvero “c'èst Fini” oppure no.
 
C'è un passato che non passa nel mondo degli affari, della politica e dei segreti d'Italia. Prendiamo ad esempio Flavio Carboni, il brasseur d'affaires assurto alle cronache con il crack dell'Ambrosiano, che finì accusato dell'omicidio di Roberto Calvi per averlo accompagnato nel suo ultimo viaggio a Londra.

La prima corte d'assise d'appello del tribunale di Roma lo ha di nuovo assolto e questo non può che giovare alle sue attuali, frenetiche attività. Perché Carboni non è un fantasma del passato anzi, ad onta dei suoi 73 anni, appare un personaggio ancora sulla cresta dell'onda, iperattivo in ambienti che ieri come oggi presentano numerose impurità.

Il nuovo business che lo vede interessato è l'energia pulita, quegli impianti per installare l'eolico in Sardegna di cui ancora si discute e già sono spuntati affaristi e tangenti. Della nuova inchiesta della direzione antimafia della procura di Roma si sa poco, ma gli inquirenti sembrano molto interessati a una serie di incontri svoltisi di recente a Roma, tra il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci e lo stesso Carboni. Tanto che tutti e tre sono ora indagati per corruzione. A quanto emerge dalle intercettazioni, il faccendiere sardo si sarebbe proposto come capofila di un gruppo di imprenditori interessati alle energie rinnovabili in Sardegna, dove le coste e i crinali battuti dal maestrale, da Cagliari e Sassari, rendono particolarmente appetibile il progetto.

L'obiettivo di Carboni era ottenere la firma di un accordo di programma con gli imprenditori da lui rappresentati, in particolare il suo amico Ignazio Farris (anche lui indagato) solo di recente nominato direttore generale dell’Arpas, l’Azienda regionale per la protezione dell’ambiente in Sardegna, di competenza della Giunta regionale. Un incarico ottenuto più o meno in questo modo. <Se Farris non sarà nominato, non se ne fa nulla>, sarebbe stata la poco velata minaccia di Carboni a Verdini e ad altri interlocutori. Fatto è che, dopo un incontro con Cappellacci a casa di Verdini, la nomina di Farris al vertice dell’Arpas si è sbloccata. E subito dopo sarebbe partita una raccolta di fondi per alcuni milioni di euro, cui ha partecipato la cordata di imprese interessate all'eolico. Fondi non a caso transitati all'interno del Credito cooperativo fiorentino, la banca di cui è presidente il coordinatore del Pdl, già nel mirino dell'inchiesta Grandi eventi di cui si occupa la procura di Perugia, che lo vede indagato per lo stesso reato di corruzione.

Il nome di Cappellacci è stato iscritto per ultimo sul registro degli indagati, ma prima ancora di averne conferma il presidente della Regione Sarda si era difeso con foga: <Credevo di ricevere un premio per la posizione assunta sull'eolico, la nostra linea è stata chiarissima, no alle pale off shore, gestione diretta della Regione per gli impianti a terra. Ci hanno persino accusato di essere talebani>. Eppure, al centro degli accertamenti, oltre a Ignazio Farris- nominato proprio da lui- c'è anche l'ex assessore ai Servizi sociali della provincia di Cagliari, Pinello Cossu (Udc). L'indagine porta al progetto per un parco eolico nella zona industriale di Cagliari e coinvolge l'ex assessore socialista Arcangelo Martino. Uno strano personaggio politico che vanta decine di conoscenze sia nella magistratura che in ambienti imprenditoriali. Fu lui -almeno disse- a presentare Silvio Berlusconi a Benedetto Letizia, il papà di Noemi all'epoca minorenne.

In attesa di essere interrogato dal pm Capaldo Verdini si difende attaccando. Dietro il suo coinvolgimento nell’inchiesta- arrivato in contemporanea con l’uscita di scena di Scajola- l'alto esponente del Pdl intravede un disegno teso a mettere in difficoltà il governo. <Io sono fiorentino e mi piace citare Galileo. Se un fatto si ripete vuol dire che è scientifico>. L'accusa lo considera socio in affari del costruttore fiorentino Riccardo Fusi da almeno 15 anni, nell'ambito della grande impresa di costruzioni Fusi-Bartolomei, nota come Btp egemone in Toscana. E la Procura di Firenze sospetta che Verdini abbia manovrato uomini e poltrone per favorire proprio l'amico Fusi, oggi accusato di corruzione e associazione per delinquere aggravata dalla finalità mafiosa.
Il 14 ottobre 2008 mentre le Borse crollavano, il Credito cooperativo erogava 10 milioni di euro, alle finanziarie della Btp che, pochi mesi dopo, fu costretto a negoziare una moratoria sui debiti. Un'operazione ora sotto la lente di Bankitalia. Anche la DDA di Roma insegue un giro di assegni e conti correnti bancari destinati a pilotare il business dell'eolico e altri affari dove potrebbero operare soci occulti. Secondo gli inquirenti il transito sui conti della banca di Verdini doveva servire a mescolare le tracce del denaro e distribuire i soldi per «oliare» i meccanismi dei successivi. Gli accertamenti proseguono con l’analisi dei documenti acquisiti nella banca fiorentina e negli uffici della Regione Sardegna.

Ma gli appalti per l’energia eolica sono soltanto uno dei capitoli dell’indagine, che riguarda anche altre attività di un presunto «gruppo di intervento» che mirava a condizionare varie vicende, attraverso contatti ad alto livello nel mondo politico, giudiziario ed imprenditoriale. Non escluse alcune nomine di magistrati. Insomma una strana lobby politico affaristica- su cui grava il sospetto di far parte di un circuito massonico coperto- di cui Verdini sarebbe il promotore e i cui terminali finiscono all'interno della sua piccola, dinamica banca. Il Credito Cooperativo fiorentino. Tra gli intercettati durante le conversazioni con Flavio Carboni c’è anche un altro importante esponente del Pdl, il senatore Marcello Dell’Utri, già condannato a nove anni di carcere per concorso in associazione mafiosa ed in attesa del giudizio d’appello.

Le ombre del passato sembrano inseguire il faccendiere sardo (che preferisce essere definito imprenditore). A partire dal gran chiasso attorno a Villa Certosa, che proprio lui vendette a Berlusconi. Non gli piace neppure che si sia tornato a scavare attorno agli appalti che a cavallo degli anni Ottanta portarono a costruire ville e residence sulla Costa Smeralda. Un altro gradino del futuro impero economico del premier. Dietro cui si nasconde quella rete di società fantasma che Carboni aveva creato e che consentivano a mafiosi e boss della banda della Magliana di riciclare denaro sporco.
 
Classe 1932, la pelle liscia come il guscio di un uovo, il passo agile e felpato, lo sguardo sornione del bon-vivant e sulla bocca un eterno, accattivante sorriso.. Anche giovedì mattina, quando per l'ennesima volta Flavio Carboni ha salito i tre gradini che portano a Regina Coeli, nessuno avrebbe detto che sono passati quasi trent'anni dal crack dell'Ambrosiano. Processo per il quale ha subito la prima, e in definitiva unica, condanna a otto anni e sei mesi di carcere. Il tempo è scivolato leggero su quest'uomo da sempre considerato il comune denominatore dei misteri d'Italia. Tragiche vicende che non lo hanno scalfito, dalle quali è anzi uscito più ricco e potente e perfino più giovane ora che è sparito dalla sua fronte quell'orrido toupet rossiccio. Al suo posto sono spuntati capelli nuovi, di un discreto colore castano, appena brizzolati. Un patto con il Diavolo? In realtà se il diavolo esistesse avrebbe l'aspetto docile e i modi insinuanti di Flavio Carboni. Uno che appena ti si mette accanto, ti prende sottobraccio. Come accadde a Ciriaco De Mita, durante un congresso della Dc all' Eur. La foto provocò scalpore, il faccendiere sardo all'inizio degli anni Ottanta aveva già una pessima fama, anche se ancora non era sospettato di aver ucciso Roberto Calvi, impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982. “Lo conoscevo appena”, raccontò De Mita. 

Ma un filo lega quella lontana foto a una vicenda che troviamo nell'ordinanza d' arresto che indica Carboni erede di Gelli. Dalle colorite telefonate tra Pasquale Lombardi e l'assessore regionale Ernesto Sica emerge un patto fortissimo nel tentativo di screditare Raffaele Caldoro, candidato alla Regione Campania. Un patto in difesa di Cosentino, bruciato per collusioni con la camorra. Nessuno era mai riuscito a spiegarsi perché Sica fosse stato imposto a Caldoro da Berlusconi stesso. Non era una velina e neppure un fedelissimo, anzi un ex Pd, area Margherita, nato giovanissimo come demitiano. La strana alleanza ha una sola spiegazione: Sica è amico di Carboni. Forse lo è diventato nel periodo della foto. Tutto torna utile.Carboni è così, ti si mette accanto e ti propone la soluzione giusta: aree edificabili, pale eoliche o festini con ragazze. All'epoca aveva un segretario, Emilio Pellicani, ormai morto da tempo. Il poveretto fu messo sotto torchio, prima dal pm Sica, poi da Tina Anselmi, presidente della commissione d'inchiesta sulla loggia P2. Pellicani ammise che il principale aveva un debole per le ragazze e per la cocaina. Era anche un pass partout per stringere amicizie importanti. E Flavio di amici importanti ne ha sempre avuti, in ogni ambiente. Dal milieau della mala romana al Vaticano, in politica come nella massoneria. Era amico di Domenico Balducci, il primo capo della Magliana (poi ucciso da Pippo Calò) ma anche di monsignor Pavel Hnilicaad, alto prelato dello Ior, cui vendette i documenti della borsa di Calvi. Reato di ricettazione dal quale fu assolto.

Forte era il legame con Armando Corona, maestro del Grande Oriente d'Italia, come lui nativo di Sardegna. E sardo è anche l'attuale presidente dell'Antimafia Beppe Pisanu, che per un certo periodo Carboni ha frequentato. Amicizie anche trasversali come quella con l'editore Caracciolo, con cui condivideva la passione per le belle donne. L'amicizia con Marcello Dell'Utri è il filo conduttore di molte inchieste, anche l'ultima, e risale ai tempi di Olbia 2 quando- e di questo Carboni si è sempre vantato- il Cavaliere approdò in Sardegna. Fu lui in seguito a vendergli Villa Certosa. Nei primi anni Ottanta il faccendiere era di casa negli uffici di via dell'Anima dove a curare gli affari era il fratello Paolo. Con Dell'Utri i rapporti si sono fatti sempre più stretti, non a caso il figlio Marco ha lavorato in Publitalia. Narra la legenda che quando il pm Woodkock lo fece arrestare- come il padre aveva la passione per i festini- Marco fosse fidanzato con Mara Carfagna.

Le mille vite di Flavio Carboni in un modo o nell'altro finiscono per intrecciarsi con il potere, anche con il suo lato più oscuro. La partita più pericolosa fu quella che giocò attorno a Roberto Calvi. Nell'ultima estate di vita fece di tutto per farsi invitare nella villa di Cabassi dove, dopo i mesi trascorsi nel carcere di Lodi, Calvi cercava di riposarsi in compagnia della moglie, di Francesco Pazienza e della sua fidanzata Marina de Laurentis. Alla fine si fece annunciare da una gigantesca forma di pecorino. Ma per conquistare la fiducia del banchiere fu necessario presentargli Armando Corona, Calvi era convinto in quel periodo di essere spacciato senza l'aiuto della massoneria. Poi il viaggio a Londra, il ritorno in compagnia soltanto della borsa, l'accusa di omicidio fino all'assoluzione due mesi fa in appello. Ha rischiato l'ergastolo, ma in quel momento aveva altro per la testa. A preoccuparlo era l'inchiesta sull'eolico che stava portando a galla la sua nuova vita. Non troppo diversa dalla vecchia. Nel lungo interrogatorio di ieri pomeriggio, come sempre, ha cercato di smussare, minimizzare. Ma Carboni per l'accusa resta crocevia di trattative segrete, mediatore di poteri occulti, referente di politici, imprenditori e criminali.
 
Qualcuno lo aveva previsto. L'inchiesta sull'eolico e il suo fondo melmoso coinvolgerà i piani alti della politica, da palazzo Chigi al ministero della Giustizia.. Niente e nessuno si salverà.. Ed è quanto sta avvenendo in queste ore. La notizia che anche Denis Verdini, il numero tre del Pdl, sia iscritto sul registro degli indagati per appartenenza alla nuova P2 (o P3 come qualcuno la chiama) ha provocato un terremoto politico e siamo soltanto agli inizi. Ieri sera si è dimesso dalla carica di assessore regionale della Campania Ernesto Sica, il quinto ad essere finora indagato per associazione segreta. La sua posizione era ormai incompatibile con quella del governatore Caldoro nei confronti del quale- a quanto si apprende dall'ordinanza- avrebbe ordito un vero e proprio complotto, accompagnato da dossier diffamanti su presunte abitudini sessuali. Caldoro aveva il solo torto di essere stato prescelto dal Pdl come candidato per la Campania dopo che era venuta meno quella di Cosentino, non per motivi di conto ma per una richiesta di arresto per colluzione con la camorra. Ma Cosentino era il candidato gradito da Flavio Carboni, andava salvato.

Si è dimesso anche l'avvocato generale della Cassazione Antonio Martone. Anzi, a quanto si è appreso i n ambienti del Csm, come si usa ha chiesto il pensionamento anticipato. Martone, la sera del 23 settembre 2009, partecipò al simpatico incontro conviviale in casa di Verdini, per discutere assieme a Carboni e soci, al capo degli ispettori di via Arenula Arcibaldo Miller e al presidente della Cassazione Giuseppe Carbone, quale fosse la strada per impedire che la Corte Costituzionale bocciasse il Lodo Alfano. Progetto fallito, come si sa, ma si sa anche quanto il povero Pasqualino (alias Lombardi) si sia adoperato per convincere Mirabelli e il gruppo di “incerti” la cui lista veniva dall'interno della Consulta. Non si è dimesso invece il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, e neppure Ignazio Farris, ma qualcuno già lo chiede. Per ora è il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: “Il presidente della Regione dovrebbe dimettersi immediatamente. E non si riesce a comprendere per quale ragione il capo dell'Agenzia ambientale sarda sia ancora al suo posto. Quello che emerge dall'inchiesta è semplicemente vergognoso”.

L'onda fangosa sfiora i piani alti, e si prevede il peggio quando si conoscerà il contenuto delle intercettazioni secretate. Duemila pagine. Non sfugge che Denis Verdini, da Fivizzano, abbia avuto un ruolo centrale nel criminoso progetto legato agli impianti eolici. Criminoso per gli interessi occulti che nasconde, per la qualità di imprese infiltrate dalla criminalità organizzata, ma soprattutto per il ruolo offerto a Carboni come contropartita nell'intreccio di favori, dati e ricevuti. La capacità, che l'ex faccendiere piduista ha sempre avuto nel tessere importanti relazioni, questa volta conduce a palazzo Chigi. Può soprendere, ma sotto tiro è Gianni Letta, il grand commis di molti governi, le cui radici affondano nella prima Repubblica e in quei rapporti privilegiati con oltretevere che fanno di lui l'erede di Andreotti e quindi un sistema di potere solido e collaudato che va al di là del rapporto fiduciario con Berlusconi. Tale, dicevano, da poter sopravvivere al suo declino, Invece i fatti avvenuti negli ultimi mesi dimostrano che non è così. E non soltanto per i guai che possono derivargli dal rapporto privilegiato con Verdini. L'ombra della massoneria che emana dal coordinatore nazionale del Pdl rischia di estendersi a tutto il sistema malmostoso che abbiamo già incontrato nell'inchiesta sui Grandi Appalti della Protezione civile, dove ancora incontriamo Verdini. Questa volta non alle prese con gli impianti eolici ma con il disastro del post- terremoto e dei troppi aspiranti a spartirsi l'immensa torta degli affari. A partire dal suo amico-socio Riccardo Fusi, in combutta anche lui con i napoletani, con quel Piscicelli detto “lo sciacallo” per le risate nella notte in cui l'Aquila veniva seppellita dalle macerie. Un disastro che inghiotte l'astro più splendente della galassia Letta e cioè Guido Bertolaso, la cui immagine di Superman è affogata nei poco limpidi rapporti con il costruttore Anemone.
Voltiamo lo sguardo e troviamo la Finmeccanica dove dopo l'arresto di Marco Cola, outsider della terza industria italiana, molto critica appare la posizione del presidente Guarguaglini, altro uomo amato da Letta. Cosa sta accadendo? A chiederselo è anche il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso e la sua risposta non è rassicurante. “Qualcuno oggi può dire: ma si tratta di lobby...Bisogna vedere se questa attività lobbystica mette o no in pericolo la democrazia e l'uguaglianza dei cittadini. E se c'è la volontà politica di perseguire questo fenomeno”.

Lo scambio di favori è presente in ogni relazione pubblica, lamenta Luigi de Magistris, eurodeputato dell'Idv: “L'inchiesta della Procura di Roma porta alla luce l'esistenza di una cricca massonico-piduista che conferma quanto sia radicato nel nostro Paese un do ut des criminale ed eversivo”. Interviene anche il consigliere del Csm Livio Pepino: “In diverse procedure di nomine di magistrati ci furono avvisaglie di opacità e pressioni, io fui tra quelli che lo segnalarono”. Preoccupa il silenzio del governo, Dice Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei valori: “.
Nessun membro dell'esecutivo, compreso il ministro Alfano, ha sentito il dovere di spendere una sola parola. In altri tempi grazie all'impegno di Tina Anselmi, si riuscì ad approvare una legge contro la P2. Oggi, invece, la maggioranza è coinvolta in affari che confermano l' intreccio perverso tra politica,.mafia e massoneria”.
 
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